mercoledì 6 marzo 2019

Recensione "Berlin. Trilogia della città" di Fabio Geda e Marco Magnone

Recensione "Berlin. Trilogia della città" di Fabio Geda e Marco Magnone

Bentrovati, lettori. Oggi tripla recensione, nel senso che vi parlo dei primi tre libri di una esalogia: la saga "Berlin", scritta da due autori italiani, Fabio Geda e Marco Magnone. La storia si svolge in una Berlino alternativa, alla fine degli anni '70, in piena Guerra Fredda, quando un virus ignoto stermina la popolazione adulta di Berlino Ovest, lasciando soltanto i ragazzi in città. Questi si ingegneranno, ciascuno a modo suo, per sopravvivere.

La saga si compone di sei volumi, tutti editi da Mondadori:
Berlin – 1. I fuochi di Tegel
Berlin – 2. L’alba di Alexanderplatz
Berlin – 3. La battaglia di Gropius
Berlin – 4. I lupi del Brandeburgo
Berlin – 5. Il richiamo dell’Havel
Berlin – 6. L’isola degli dei
«Chi l’avrebbe mai detto che in questo mondo l’Isola che non c’è sarebbero stati gli adulti ad abitarla. E che alla fine i bimbi sperduti sarebbero partiti alla sua conquista.»
Per info potete curiosare sul sito ufficiale "Berlin".

Ho letto questi libri con grande curiosità, perché adoro Berlino e volevo proprio godermi questa storia ambientata nella città tedesca. La prima cosa, però, che mi ha fatto storcere il naso è la mossa commerciale dietro questa saga: sei libri sono troppi, soprattutto sei libri sottiletta, di 200 pagine l'uno, che costano 14 euro. Il che vuol dire che uno deve spendere 80 euro per leggersi tutta la saga, ed è decisamente troppo, anche perché non è che vi sia una trama così ricca da giustificare sei volumi. Questa, infatti, è stata la cosa che più mi ha fatto storcere il naso: stringendo stringendo, la trama dei primi tre libri si può ridurre a: i ragazzi delle varie fazioni in cui si è divisa Berlino cercano di sopravvivere. Però il mordente è davvero minimo (in particolare nel secondo volume...), fino quantomeno al terzo volume che fa decollare il ritmo, in particolare nel finale.

Ma andiamo con ordine.

"I fuochi di Tegel" è un volume introduttivo. Conosciamo i vari protagonisti della saga, tutti ragazzetti, tra i dodici e i diciotto anni. Eh sì, perché oltre i diciotto, quando si diventa adulti, i ragazzi muoiono, come è successo a tutti gli adulti infettati dal virus.

La cosa piacevole è scoprire come le varie fazioni di Berlino si siano organizzate. Ci sono le ragazze che vivono nel castello sull'Isola dei Pavoni, e se ne stanno beate per i cavoli loro, finché quell'idiota di Wolfrun non decide di andare a rompere loro le palle (perché? Perché sì. Perché è una sfigata che non sa cosa fare della poca vita che ancora le resta. Pessimo personaggio adolescente da prendere a calci nel culo una pagina sì e l'altra pure, insieme ai poveri sfigati senza palle che la seguono...); poi ci sono Sven, Jakob e i ragazzi che vivono a Gropiusstadt, la combriccola dello Zoo, i bulletti del Reichstag (tra cui quel gran figo di Timo) e i pazzi scatenati di Tegel.


Quest'ultimo fastidioso gruppo è composto dal prototipo dei fastidiosi adolescenti odierni, che pur in una situazione di pericolo e devasto totale, come una quasi apocalisse del genere umano, non hanno altro da fare che cazzeggiare. Ecco, questa è stata la seconda cosa che non mi è piaciuta. Non riesco veramente a trovare una motivazione, una sola, perché questi stupidi di Tegel debbano essere così stupidi. Voglio dire, state per morire, godetevela la vita, no? Divertitevi, non la sprecate in quel modo debosciato.

Meglio allora i ragazzi del Reichstag, che pur nella loro struttura quasi militare, sfornano personaggi più interessanti, come Timo che, a mio avviso, è uno di quelli meglio riusciti nei primi tre libri della saga. Ribelle, "fumino", sempre pronto a fare a botte per rimarcare il suo possesso e il suo dominio, in realtà è un ragazzo onesto, fedele a se stesso e alle poche persone a cui vuole bene; ha la stoffa del leader, anche se forse neppure vorrebbe farlo. Ci vorrà un po' prima che questo lato della sua personalità emerga, e in questo contribuisce l'incontro con Jakob e gli altri di Gropius.

Una cosa divertente è vedere le interazioni tra i vari personaggi: la cotta di Jakob per Christa, le battute di Berndt, gli intrighi dei ragazzi del Reichstag. Sono personaggi tutti molto diversi, ma che a modo loro cercano di sopravvivere, di trovare una strada per sopravvivere. 

"L'alba di Alexanderplatz" è stato deludente, un romanzo inutile, in cui l'unico aspetto positivo è la presenza di Timo, la sua evoluzione, e anche il rafforzarsi dei legami tra i vari protagonisti. Per il resto non ne ho capito il senso, considerando la debole minaccia rappresentata. Inoltre, l'introduzione di Berlino Est solleva, nella mia mente, tutta una serie di interrogativi, del tipo "dove sono tutti?", che non so se troveranno risposta nei libri successivi.

"La battaglia di Gropius" è stato un libro piacevole, sebbene la battaglia poi sia una semplice scazzottata nella neve, sia per le varie sottotrame aperte (il mistero di Tima, l'ascesa di Claudia, la caduta di Wolfrun, il ruolo di Verme, altro personaggio interessante, il finale aperto...) che per il ritmo, sempre veloce, che ne fanno una lettura piacevole. 

Il "colpo di scena" finale per me non è stato così, me lo aspettavo dal primo libro, ma magari a qualcuno è sembrato tale. Detto ciò, con quella scoperta, finalmente la trama sembra prendere una direzione più avventurosa e thriller, e spero che proceda così nei tre volumi finali, anziché perdersi in schermaglie adolescenziali. 

Alla fine, la saga "Berlin" è una lettura piacevole, veloce, con personaggi simpatici, sebbene, a mio avviso, manchi di quella tensione drammatica che mi aspetterei in una situazione simile. Anche "Hunger Games" è un distopico per ragazzi, però riesce a sembrare molto più adulto, più vero, più sporco.

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