UCRONIA: UN’ALTRA STORIA, INFINITE STORIE.
Nel gennaio 2015 è stato trasmesso, sul canale streaming di Amazon, il pilot
della (futura) serie “The Man in the
high Castle”, tratta dall’omonimo romanzo di Philip K. Dick, autore che non ha bisogno di lunghe presentazioni.
Nato a Chicago nel 1928 e morto a Santa Ana nel 1982, è stato un prolifico
scrittore americano, soprattutto nel campo della fantascienza. Molti suoi
romanzi e racconti sono stati fonte di ispirazione per numerosi film passati
alla storia; qualche esempio? Blade
Runner, su tutti, ma anche Minority Report, Paycheck, Atto di Forza, Next,
Total Recall e altri.
Nelle sue opere, Dick tratta tematiche profonde, che le rendono ben più di semplici avventure spaziali, approfondendo lo spirito critico degli anni del Secondo Dopoguerra, in cui inizia a scrivere. Nelle sue pagine trovano spazio temi disparati: il confronto tra reale e irreale, la guerra (sia terrestre che addirittura interplanetaria), le donne, i tradimenti, la follia, la morte, il tempo. Quest’ultimo argomento si presta a uno sviluppo elastico, complice la fervida fantasia dell’autore, che gioca con il tempo, presentandolo come una linea da modificare con un’apposita macchina del tempo, come in “Il dottor Futuro” (Dr. Futurity) o “I simulacri” (The Simulacra, ambientato in un ipotetico XXI secolo dominato dagli Stati Uniti d’America e d’Europa), o futuri lontani, passati remoti e presenti ipotetici.
Nelle sue opere, Dick tratta tematiche profonde, che le rendono ben più di semplici avventure spaziali, approfondendo lo spirito critico degli anni del Secondo Dopoguerra, in cui inizia a scrivere. Nelle sue pagine trovano spazio temi disparati: il confronto tra reale e irreale, la guerra (sia terrestre che addirittura interplanetaria), le donne, i tradimenti, la follia, la morte, il tempo. Quest’ultimo argomento si presta a uno sviluppo elastico, complice la fervida fantasia dell’autore, che gioca con il tempo, presentandolo come una linea da modificare con un’apposita macchina del tempo, come in “Il dottor Futuro” (Dr. Futurity) o “I simulacri” (The Simulacra, ambientato in un ipotetico XXI secolo dominato dagli Stati Uniti d’America e d’Europa), o futuri lontani, passati remoti e presenti ipotetici.
Proprio
la rappresentazione di un diverso corso della storia è alla base dell’ucronia, termine coniato dal filosofo
francese Charles Renouvier (uchronie),
in un saggio dato alle stampe nella seconda metà del Diciannovesimo Secolo, di
chiara derivazione greca (nessun tempo, da οὐ «non» e χρόνος «tempo»), poi
mutuato in italiano nel Ventesimo Secolo. Come ci ricorda la Treccani,
l’ucronia “consiste nella sostituzione di avvenimenti realmente accaduti in un
determinato periodo storico con altri, frutto di fantasia ma verosimili”; è,
nella pratica, una riscrittura della storia, una nuova stesura che va a
sostituirsi all’originale.
Il termine riprende il ben più antico utopia, imperniandosi però su un piano temporale anziché spaziale. Progetti ucronici prendono spunto dalla domanda “cosa sarebbe successo se” (il noto “What if?” inglese), ad esempio, l’Inghilterra fosse riuscita a reprimere le rivolte nelle colonie americane, se Napoleone non fosse stato sconfitto a Waterloo o se Hitler avesse vinto la Seconda Guerra Mondiale. Un tema, quest’ultimo, sviluppato da vari autori nel Secondo Dopoguerra; già durante il conflitto, infatti, molti osservatori avevano iniziato a immaginare come sarebbe stato il mondo, alla fine della guerra, generando varie opere fantapolitiche (e progetti di spartizione del mondo da parte delle potenze vincitrici).
Il termine riprende il ben più antico utopia, imperniandosi però su un piano temporale anziché spaziale. Progetti ucronici prendono spunto dalla domanda “cosa sarebbe successo se” (il noto “What if?” inglese), ad esempio, l’Inghilterra fosse riuscita a reprimere le rivolte nelle colonie americane, se Napoleone non fosse stato sconfitto a Waterloo o se Hitler avesse vinto la Seconda Guerra Mondiale. Un tema, quest’ultimo, sviluppato da vari autori nel Secondo Dopoguerra; già durante il conflitto, infatti, molti osservatori avevano iniziato a immaginare come sarebbe stato il mondo, alla fine della guerra, generando varie opere fantapolitiche (e progetti di spartizione del mondo da parte delle potenze vincitrici).
Prima
ancora del Novecento, però, persino prima ancora della creazione di un termine
atto a indicare tale genere, esistevano opere letterarie inquadrabili sotto la
voce “ucronie”. Nella raccolta Ab Urbe
Condita, Tito Livio (redatta a cavallo tra I secolo a.C. e d.C.) immagina
che il grande condottiero Alessandro Magno abbia sviluppato il suo impero verso
occidente, anziché muovere, come realmente accaduto, verso oriente, chiedendosi
quale sarebbe stata la sorte di Roma se si fosse scontrata con Alessandro. Con
il testo Storia della Toscana sino al
principato (pubblicato postumo nel 1813), Lorenzo Pignotti immaginò cosa
sarebbe potuto succedere se Lorenzo il Magnifico non fosse morto nel 1492. Tra
le ipotesi principali, una strenua difesa della penisola da parte dello
statista mediceo contro le armate straniere, che la invasero agli inizi del
Sedicesimo Secolo, e la repressione della riforma protestante prima che potesse
divampare. Persino Winston Churchill (frequente protagonista di ucronie
elaborate da altri) si cimentò nel genere, quando nel 1931 lo storico inglese
J. C. Squire propose a personalità autorevoli della cultura e della politica
contemporanea di ricostruire alcuni snodi cruciali della storia dell’umanità,
riunendo poi tutti i lavori in un’antologia dall’efficace titolo: “Se la storia fosse andata diversamente”
(If it had happened otherwhise). Churchill, per l’occasione, scrisse un saggio
riguardo a un esito diverso della battaglia di Gettysburg (anticipando il
nostrano Prosperi!).
Dopo
la Seconda Guerra Mondiale, e sulla scia dei devastanti eventi che avevano
lasciato un segno tangibile nella mente e nei cuori di chi l’aveva vissuta, o
subita, le opere ucroniche fiorirono in massa, incentrandosi prevalentemente su
una diversa conclusione del conflitto. Philip K. Dick aprì la strada nel 1962
con il romanzo “The Man in the high
Castle” (tradotto e pubblicato vari volte in Italia come “La svastica sul sole”, sebbene ne
esista anche una traduzione dal titolo più fedele “L’uomo nell’alto castello”,
Fanucci Editore, 2001).
Vincitore
dell’edizione 1962 del Premio Hugo
(assegnata ogni anno a romanzi di genere fantasy o fantascientifico superiori
alle 40000 parole), “La svastica sul
sole” immagina un mondo in cui il Terzo Reich e l’Impero Giapponese hanno
vinto la guerra, spartendosi il mondo e diffondendo il nazismo ovunque. Ecco
quindi che quelli che un tempo erano gli Stati Uniti d’America vengono divisi
in tre territori, subendo una divisione simile a quella incontrata dalla
Germania post-1945: la costa orientale, sotto controllo tedesco, quella
occidentale (Stati americani del Pacifico), sotto i giapponesi, e gli Stati
delle Montagne Rocciose, al centro, uno stato cuscinetto. La riscrittura della
storia non è solo disegnare una nuova cartina del mondo, ma incide in
profondità, sulla vita quotidiana degli individui, caratterizzata da una forte
perdita di libertà.
Da
notare, all’interno del romanzo, la presenza di un personaggio (lo scrittore
Hawthorne Abendsen) che ha scritto l’opera fantapolitica “La cavalletta non si alzerà più” (The Grasshopper Lies Heavy), in
cui Hitler ha perso la guerra, generando una contrapposizione tra due mondi che
è non solo esterna al romanzo (per chi, cioè, legge e sa che la storia non è
andata in questo modo) ma anche interna, coinvolgendo gli stessi personaggi e
offrendo loro un’altra ucronia. Questo libro nel libro è ciò che, in
letteratura, viene definito pseudobiblium,
un libro mai scritto ma citato come vero, come il Necronomicon di Lovecraft.
Dal
romanzo è stata tratta una serie televisiva, di cui è andato in onda il 15
gennaio 2015 solo il primo episodio (pilot) ma non su una rete americana bensì sul
canale streaming di Amazon.com. La
produzione è stata affidata alla Scott
Free Production, la compagnia di Ridley Scott (regista, tra l’altro, di Blade Runner, che la produzione ha
voluto omaggiare con un piccolo riferimento), il soggetto e la sceneggiatura
sono di Frank Spotnitz, già autore di alcuni episodi di X-Files. Il pilot è stato
disponibile per il download immediato e la decisione di proseguire la serie è
dipesa dal numero di download e giudizi positivi ricevuti dal primo episodio.
Il successivo 18 febbraio 2015, Amazon.com ha annunciato infatti che, in virtù
del buon successo riscosso dal pilot, avrebbe prodotto un’intera stagione.
Concludendo
con i romanzi ucronici, impossibile non segnalare Fatherland, di Robert Harris, un giallo fantapolitico scritto nel
1992 che immagina un Secondo Dopoguerra dominato dallo scontro tra gli USA e il
Terzo Reich, vincitore del conflitto mondiale. Per l’Italia, essendo ancora
forte il ricordo del Ventennio Fascista, le opere ucroniche tendono a
concentrarsi su questo argomento, immaginando che Mussolini non sia entrato in
guerra e sia rimasto al potere. Un esempio è l’Epopea Fantastorica di Enrico Brizzi, una trilogia dedicata a
Lorenzo Pellegrini, giornalista bolognese del quotidiano sportivo Stadio, che vive negli anni ’60, in una
Repubblica Italiana retta dal Duce, ormai vecchio, che governa anche sulle
cosiddette “Repubbliche Associate” (Libia, Albania, Corsica, Malta, Egeo e
Africa Orientale).
Il
più prolifico scrittore italiano di ucronia è indubbiamente Pierfrancesco Prosperi, autore di
centinaia di racconti, fumetti e una dozzina di romanzi. Tra i tanti, da
ricordare “Seppelliamo Re John”
(romanzo sia di fantascienza, in quanto ambientato in vari momenti del futuro,
sia ucronico, in quanto viene ipotizzato che il Presidente Kennedy non sia
rimasto assassinato, e anzi viene imbastito addirittura un viaggio nel tempo
per ucciderlo!) del 1973, “Garibaldi a
Gettysburg”, che ipotizza cosa sarebbe successo se Garibaldi avesse aiutato
i nordisti durante la guerra civile americana (la differenza più notevole è la
scomparsa degli USA a favore della Condeferazione degli Stati Uniti d’America),
fino al più recente “Undicimila
Settembre”, Fratini Editore, 2014, in cui lo scrittore aretino torna a
giocare con la storia in occasione dei funerali di Papa Giovanni Paolo II e
della riunione di tutti i potenti della Terra a Roma.
È
chiaro, infine, che il genere ucronico trovare applicazione, non solo in
letteratura, ma anche nella cinematografia e nelle storie a fumetti, con un
potenziale praticamente infinito, purché sostenuto da un’ottima conoscenza
storica che permetta di ricreare scenari (im)possibili come fossero reali. La
miniserie a fumetti Watchmen, di
Alan Moore (da cui è stato tratto un bellissimo film nel 2009), narra le
avventure di un gruppo di supereroi in crisi, la cui la presenza nella società
statunitense ha comportato un epilogo diverso per alcuni avvenimenti storici,
come la vittoria degli USA in Vietnam.
La Marvel Comics ha creato un’apposita collana “What if?”, dove è apparsa la figlia (mai nata) di Peter Parker, che ha seguito le orme paterne diventando Spider Girl. Tiziano Sclavi dedica all’ucronia il numero 240 di Dylan Dog, mentre la serie anime e manga Code Geass si svolge in un mondo dove si sono verificati eventi storici diversi da quelli realmente accaduti.
La Marvel Comics ha creato un’apposita collana “What if?”, dove è apparsa la figlia (mai nata) di Peter Parker, che ha seguito le orme paterne diventando Spider Girl. Tiziano Sclavi dedica all’ucronia il numero 240 di Dylan Dog, mentre la serie anime e manga Code Geass si svolge in un mondo dove si sono verificati eventi storici diversi da quelli realmente accaduti.
Le
potenzialità, come detto, sono infinite, al punto che, navigando in rete, è
possibile imbattersi in siti internet dedicati alla ideazione e allo sviluppo
di interi progetti ucronici. Un’altra storia, infinite storie.
(Articolo originariamente apparso sul blog Fratini Editore, gennaio 2015).
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