Recensione "Nero elfico" di Daniele Picciuti
“Nero
elfico” è un libro fantastico
di Daniele Picciuti, edito da Watson Edizioni, in formato cartaceo e digitale.
Non è propriamente un romanzo, ma neppure una raccolta di racconti; per
definizione del suo stesso autore, è un “Serial Book Tutto-in-uno”
che “si presenta al lettore con una ambientazione fantasy abbastanza classica”
dove poi entra con prepotenza un’unica sola regola: “non ci sono regole”.
Trattandosi di un bizzarro fiction, mescola infatti tanti generi
diversi (dal fantasy stretto alla fantascienza, passando per horror e scene a
tinte forti).
Ponte Spaccato è un villaggio sperduto di quattrocentocinquanta abitanti, un paese di fabbri, muratori, contadini, falegnami e artigiani, gente semplice che conduce una vita tranquilla. Finché non fa la sua apparizione Lacero, un mezz’elfo feroce e astuto, che nel giro di poco tempo riesce a diventare sceriffo.
Lui e Violata, la sua donna, una spietata assassina, si trovano presto al centro di una serie di macabri e sanguinosi avvenimenti che sconvolgono la cittadina. Il Male stesso, nelle vesti di alcuni personaggi diabolici e perversi – il demone Scribacchio, la contessa Bianca, il mago Grimorio, il nano Toro-Dai, il Negromante – si abbatte su quella povera gente che, suo malgrado, dovrà fare affidamento, per la propria sopravvivenza, al “male minore” costituito dalla scanzonata coppia di criminali.
Della partita saranno le terribili gemelle Coro, il Castigatore muto, il grosso Melmone e sua madre Poiana, e numerosi altri personaggi uno più improbabile dell’altro… Presto, tutti comprenderanno che l’ago della bilancia in questo scontro è il Trono d’ossa, un antico artefatto che dà, a chi vi siede, il dominio sui morti.
Come indicato sopra, il libro si compone di un insieme
di episodi, riassumibili con i titoli dei capitoli: “Il mistero delle vergini
morte”, “A.A.A. Sceriffo cercasi”, “La contessa Bianca”, “I giorni
dell’anello”, “L’eroica missione”, che compongono la prima parte, che segna
fondamentalmente l’arrivo e la presa di potere di Lacero sulla comunità di
Ponte Spaccato, il legame con Violata e le primi missioni. La trama si fa più
fitta, e più compatta, più romanzo, nella seconda parte, che ruota attorno al
Trono d’Ossa infatti, culminando con la battaglia a Serafinia e la conclusione,
momentanea, delle vicende di Lacero e del resto degli abitanti di Ponte
Spaccato. Anche gli episodi singoli, comunque, soprattutto quelli della prima
parte, non sono storie a sé stanti ma approfondiscono comunque la trama orizzontale,
dando spazio a personaggi secondari o spiegando meglio alcune situazioni
importanti ai fini dello sviluppo della trama. Va da sé che la curiosità del
lettore per ogni aspetto della vita quotidiana del paesino e dei suoi abitanti
rimane al massimo per tutto il libro, per cui ben vengano anche episodi
autoconclusivi.
Lo stile è uno dei punti di forza del libro, ed è
proprio come dovrebbe essere. Ogni storia, per colpire, ha bisogno non soltanto
di una trama solida e di personaggi che escono dal libro, ma anche di essere
raccontata con lo stile giusto, usando le parole adeguate al tipo di storia da
raccontare. Ecco, l’autore ci riesce perfettamente, perché “Nero
elfico” è raccontato come deve essere narrato: senza fronzoli, con uno
stile diretto, faccia a faccia, muso a muso; uno stile che non esita a
adattarsi anche al parlato dei personaggi (come il caso del “diaio”
scritto da Melmone) o alle situazioni più d’azione e di battaglia. Nel corso
del romanzo, le situazioni e i personaggi sono i più vari, in un calderone di
generi e influssi letterari che spaziano dal fantasy più epico alla
fantascienza, dall’horror a scene di puro sesso animalesco, il tutto condito
con la giusta ironia, esagerando volutamente alcuni aspetti, appunto, bizzarri,
siano le prestazioni del nano Toro-Dai, sia la sequela di morti che Lacero e
Violata si lasciano dietro, la goffaggine di alcuni personaggi o l’assurdità di
situazioni frutto della commistione di generi.
Violata rifiutò cortesemente quella melma nauseabonda che esalava miasmi sanguigni e si sistemò su una sedia in disparte, a rimirare l’arredamento interno di quella stamberga. C’erano pelli d’orso sul pavimento a far da tappeti e pelle di cervo lavorate a oscurare le finestre, teste di cinghiale sul caminetto e sull’uscio, zanne di drago in bella vista al centro del tavolo, collane di nasi strappati e orecchie tagliate a far da corredo a piccoli quadri, per lo più ritratti di elfi e gnomi morti, appesi a quelle che sembravano unghie di troll conficcate nel muro. L’odore di sangue e budella che appestava la casa le dava il voltastomaco.
“Nero
elfico” è un romanzo
geniale. Ok, l’autore ha detto che non è propriamente un romanzo in senso
stretto, ma considerando l’assenza totale di regole, chissenefrega. Inoltre la
sua struttura unitaria, che ruota attorno alle vicende di Lacero e Violata e
dei poveri abitanti di Ponte Spaccato (il cui numero, come indicato a apertura
e chiusura del libro, si riduce sempre di più), lo avvicina più a un romanzo
che a una raccolta di racconti. E’ geniale perché mette il lettore di fronte a
situazioni eterogenee e bizzarre (volutamente, ovvio), scardinando le regole di
un fantasy tradizionale e mescolando generi diversi in un pentolone che, però,
alla fine funziona, sempre tenendo fede all’unica regola, ossia l’assenza di
regole stesse. Per cui ecco che in una placida cittadina di quello che potrebbe
essere il selvaggio west un giorno arriva… un mezz-elfo, e poi un licantropo, senza
dimenticare i negromanti, i troll, gli gnomi e… altre forme di vita. Mescolanza
di personaggi ma anche di situazioni: dall’investigazione per trovare
l’assassino delle vergini, alle battaglie tra male e Male (di bene, in verità,
ce n’è molto poco), da possessioni demoniache a cerche (quest)
inconcludenti, insomma un vero e proprio potpurri di generi, situazioni e
personaggi, che colpisce il lettore ma che anche lo entusiasma, in quanto
sostenuto da una trama solida e sempre ricca di colpi di scena. Nuovi misteri,
nuovi nemici, nuovi motivi di scontro (il tutto condito da un’ampia dose di
sesso, carnale e animalesco) si succedono a ogni pagina, aumentando la voracità
del lettore.
Va detto, però, che non è un romanzo per tutti; i puristi di
qualche genere potrebbero storcere il naso di fronte all’approccio dissacrante
dell’autore, e anche chi non apprezza il linguaggio nudo e crudo, le scene
splatter o ad alto contenuto erotico, potrebbe storcere un po’ il naso. Ma è
proprio questo il bello di “Nero elfico”, il fregarsi di tutte
queste regole, della morale (che, volendo, comunque c’è), dei canoni letterari,
dei confini dei generi, lasciando la penna libera di schizzare ovunque. E’ un
romanzo anarchico, che si prende tutte le libertà che vuole, che rinfresca, in
mezzo a tanta massificazione stantia (soprattutto da parte dei giovani
scrittori italiani), che aggredisce, che sorprende, ma soprattutto che diverte.
Perché, in tutto quel caos (demoniaco e demenziale), non c’è la tragica
drammaticità di “Il trono di spade” o l’agghiacciante
atmosfera di certi racconti di Lovecraft, c’è solo una forte tendenza a
sopravvivere e a godersela nel frattempo. Una filosofia del Carpe Diem di cui
Lacero e Violata sono espressione. A ben pensarci, niente di diverso in fondo
da quello che accade nella vita di ogni persona che lotta continuamente contro
tanti mali, scegliendo a volte quello minore.
(Mia recensione originariamente apparsa sul sito "Le lande incantate).
Bellissimo libro, l'ho letto e riletto fino allo sfinimento, stupendo. Grazie per il consiglio dell'acquisto
RispondiEliminaSempre bello rileggere la tua recensione! Una chicca: Lacero e Violata stanno tornando...
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