IL CALIBRARIO DELL'AVVENTO - GIORNO 17: NELLE CASE DELLA GENTE
L'appuntamento di oggi è dedicato a Mirko Tondi, scrittore, giornalista e insegnante di scrittura creativa, grande appassionato di letteratura (da leggere e da scrivere, ovviamente). Ha pubblicato numerosi racconti in varie antologie e riviste (ad esempio, su Contempo e su Racconti Toscani), ha all'attivo una bella raccolta di racconti noir "Killing Moon", edita da Epsil Edizioni, e ha di recente pubblicato un romanzo introspettivo molto interessante, e al tempo stesso difficile da spiegare senza averlo letto: "Nelle case della gente", edito da Porto Seguro Editore. Un romanzo che, prima ancora della pubblicazione, aveva ottenuto numerosi riconoscimenti, come arrivare finalista al premio Edizione Straordinaria di Pacini Editore 2014 o vincere il premio BrainGnu2014 di Prospettiva Editore.
Il
libro, dal carattere intimistico, mescola autobiografia e finzione, a formare
una sorta di memoir in terza persona. Le continue riflessioni del
protagonista, insieme alle sue paure più opprimenti e alle sue
ossessioni, costruiscono un viaggio esistenziale fatto di verità e
menzogne, eventi accaduti o soltanto presunti. Un’indagine personale a
caccia di se stesso e del suo passato, dove niente trova un posto
preciso. Tanti i gli elementi del romanzo: la casa, il rapporto con gli
oggetti, il padre, la deriva umana verso una costante precarietà. E
tanti gli autori menzionati e omaggiati: da Anton Cechov a Joseph
Conrad, da Philip Roth a Paul Auster. Tra vita e letteratura, una
ricerca spasmodica della propria identità.
Titolo: Nelle case della gente
Autore: Mirko Tondi
Editore: PSEditore
Genere: Romanzo
Formato: Cartaceo
Pagine: 148
Prezzo: 10 euro
Disponibilità sui principali store (ad esempio IBS).
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Blog dell'autore.
Sito di Mirko Tondi.
Gordiano Lupi recensisce "Nelle case della gente".
Trama: Il
protagonista senza nome del romanzo, dopo aver ricevuto un messaggio
criptico da una persona spuntata dal suo passato, ha l’opportunità di
conoscere dettagli nascosti della propria vita. Frastornato da
un’esistenza piena di vuoti e da un padre sbagliato, si ritrova a
compiere un tour tra le stanze della casa in cui abita e allo stesso
tempo un viaggio nei ricordi. Sempre in bilico tra memoria e futuro, la
storia conduce verso un’unica direzione: la ricerca della verità, una
verità nascosta, soppressa, inseguita, ritrovata. Nelle case della gente è un labirinto claustrofobico tra le pareti della
precarietà, una tragedia privata in più atti che si snoda tra
coincidenze, analogie inquietanti, date e numeri che ritornano a
tormentare. A conclusione di ogni capitolo, lo studio di un romanzo,
esercizio feticista e pedante, atto di riverenza assoluta mediante il
quale il protagonista smonta i testi e li ricompone in una sorta di
mosaico, dove le parole degli scrittori si mischiano con le sue a
confondere finzione e realtà.
“Un libro sui libri, non solo un romanzo, un vero e proprio corso di scrittura corredato di preziose indicazioni di lettura.” – Gordiano Lupi (scrittore, editore di Il Foglio Letterario)
***
INTERVISTA A MIRKO TONDI
INTERVISTA A MIRKO TONDI
Ciao Mirko, parlaci un po’
di te. Quali sono i tuoi interessi, le tue passioni?
Ciao Alessio e
ciao a chi ti segue. Oltre alla scrittura e alla lettura (ovvio, no?), tra le
mie passioni ci sono l'arte, il cinema e la musica. Direi che sono un
appassionato di musica, soprattutto: mi piace navigare tra i generi, scoprire
nuovi artisti, ascoltare valanghe di dischi in vinile. Confesso poi di avere un
debole per il giardinaggio e in particolare per il fai-da-te: mi piace molto
l'idea di aggiustare qualcosa, se non addirittura di costruirla.
Com’è stato, e
com’è tutt’oggi, il tuo approccio alla scrittura?
È cambiato molto
nel corso del tempo. Se una volta scrivevo per affermarmi, adesso scrivo perché
è un elemento irrinunciabile della mia vita. Se non scrivo, sento che manca
qualcosa alle mie giornate. Se poi parli di metodo, ho solo due regole che mi
autoimpongo: 1- cercare di scrivere qualcosa ogni giorno, oppure, se proprio
non riesco, comunque continuare a pensarci; 2- scrivere su un computer sul
quale non faccio altro: niente internet, niente divagazioni.
Perché scrivi?
Per piacere, per passione, per lavoro?
La risposta più
semplice che mi viene in mente è quella di Umberto Eco: “Perché mi piace”.
Tutto sommato, i motivi per cui scrivo sono cambiati negli anni e al momento
(mi tocca ammetterlo a me stesso...) scrivo per portare a termine qualcosa.
Difatti, anche se non sembra sono un tipo abbastanza inconcludente, e la
scrittura è l'unica attività che mi permette di finire quello che ho iniziato.
Scrivere per lavoro non so se renderebbe la cosa così piacevole, anzi credo che
alla lunga la tramuterebbe in un obbligo, solo scadenze e impegni da
rispettare.
Verso quali
generi, o quali tipi di storie, sei orientato? O non ti piace parlare di
genere, preferisci scrivere ciò di cui ti va di scrivere, senza limitazioni?
Sì, non mi piace
molto la distinzione tra generi, anzi di solito mi piace mescolare le carte e
fare dei veri e propri pastiche in cui si confondono l'umoristico, il
fantastico, persino il noir. Mi ritengo in questo piuttosto eclettico, poiché
mi sono ritrovato a scrivere sia racconti gialli sia un romanzo di tipo
intimistico.
In Italia ci
sono più scrittori che lettori, e non è un modo di dire ma realtà. Lasciando da
parte i problemi, cosa consiglieresti per uscire da questa situazione critica?
Un’idea, una ricetta “natalizia” per incentivare la lettura, quale potrebbe
essere secondo te?
Anche se in
Italia ci sono davvero più scrittori che lettori, a me non cambia un granché.
Quelli che scrivono tanto per fare poi li riconosci subito. Semmai consiglierei
di leggere molto a chi davvero vuol fare della scrittura una presenza fissa
nella sua vita. Va da sé che soltanto leggendo libri su libri si può
migliorare. Per incentivare la lettura in generale, mi piace citare uno di quei
diritti del lettore nominati da Pennac in “Come un romanzo”: il diritto di
spizzicare. Assaggiando qua e là magari viene voglia di mangiare tutto, no?
So bene che sei
un appassionato di racconti. Perché questa scelta? Editorialmente (e quindi,
ahimè, anche commercialmente) in Italia non è facile piazzare antologie di
racconti, il che è strano considerando la lunga tradizione di scrittori di
racconti e novelle che abbiamo alle spalle (da Boccaccio a Verga e Pirandello,
ad esempio). Come mai questo disinteresse odierno? Tra l’altro, considerando
che il lettore medio italiano legge pochissimo, la forma “racconto” dovrebbe
prestarsi pure meglio, no? Credi che la diffusione degli ebook, anche di storie
brevi, leggibili su qualunque piattaforma, possa aiutare a superare questa
impasse?
Come dico sempre
di me, mi considero “un inguaribile scrittore di racconti”. Non è una cosa che
ho scelto, ma una forma che prediligo e nella quale riesco meglio. Attraverso
storie brevi riesco a catturare meglio un momento, un episodio, un dettaglio e
a concentrarmi su quelli. Nel romanzo invece c'è più tempo, più spazio e spesso
trovo difficoltà a organizzare le idee sulla lunga distanza. So benissimo che
in Italia purtroppo i racconti non si vendono, specie se si parla di autori
emergenti. Ben pochi (un caso eccezionale è Paolo Cognetti) sono riusciti negli
ultimi anni a farsi notare grazie a una raccolta di racconti. Certo, è strano,
se pensiamo ai nomi che hai citato, ma pure ai vari Moravia, Buzzati, Calvino,
Sciascia e tanti altri autori che si sono fatti conoscere anche grazie ai loro
racconti. Trovo che il disinteresse di oggi per questa forma non stia tanto nei
lettori ma nel mercato editoriale, che privilegia romanzi (anche brevi, anche
leggeri) da poter smerciare meglio. Paradossalmente, le persone, anche quelle
che leggono poco, sono più propense a comprare (comprare, in primis, poi
leggere è un'altra storia...) romanzi di cui si è sentito parlare in giro,
magari prendendoli in una sosta all'autogrill durante un viaggio. Lì i racconti
è probabile che non ci arrivino mai... Credo che l'ebook possa di sicuro
aiutare la diffusione di racconti brevi, tanto che oggi esiste una serie di
concorsi lanciati proprio con l'obiettivo di pubblicare poi i vincitori come
racconti singoli in formato digitale.
In “Killing
Moon”, antologia di racconti noir, affronti il tema del male, non come un
mostro alieno o mitologico ma come una creatura che si annida nell’animo
dell’uomo, quasi fosse la sua stessa ombra. Sono allora gli uomini causa del
loro stesso male (e malessere)?
Suppongo che il
male, in percentuali più o meno diverse, sia presente in noi e qualche volta
possa trovare modo di manifestarsi, di essere sfogato all'esterno. Quello che
mi interessava in “Killing moon” era appunto ragionare sulle varie
sfaccettature del maligno, che fosse il mostro cieco della gelosia, la volontà
di perpetrare una vendetta, la convinzione di incarnare una giustizia terrena
oppure essere posseduti dal demone dell'avidità. Si tratta, secondo me, della
solita scintilla che, se trova modo di diventare un fuoco vero e proprio, può
essere causa di fatti deplorevoli. Con questo non voglio dire che tutti siamo
potenzialmente soggetti al male, ma certi ne subiscono il fascino perverso più
di altri.
Generi e
attualità: spesso, una certa critica miope accusa la letteratura di genere di
essere puro edonismo, eppure, come dimostra la tua stessa antologia “Killing
Moon”, è possibile servirsene per affrontare temi attuali (qualche esempio? La
prostituzione, la violenza sulle donne, gli abusi sui minori, il tema del
diverso e quant’altro). Cosa ne pensi al riguardo?
Credo che la
letteratura di genere possa essere utilizzata per gli scopi più vari, sia come
semplice divertissement sia come mezzo per trasmettere qualche messaggio più
alto. C'è però un pregiudizio diffuso secondo il quale i thriller e i noir non
possano mai e poi mai considerarsi prodotti di qualità ma solo letture da
ombrellone o poco più. Invece, se penso ad autori come James Ellroy, per
esempio, non trovo motivo per non considerare ciò che scrive come letteratura e
non semplici romanzi di genere.
Il tuo ultimo
romanzo “Nelle case della gente” è un romanzo molto particolare (tanto che è
difficile parlarne, o quantomeno definire un genere di appartenenza). Come è
nato? Cosa volevi raccontare con questa storia?
Il romanzo è
nato dall'esigenza di voler raccontare una storia che fosse il più possibile
condivisibile, mi piacerebbe persino dire quasi “universale”. Il materiale
stava diventando sempre più concreto, anche molto attuale. Volevo infatti
raccontare la precarietà dei nostri tempi, una precarietà umana, relazionale,
economica, lavorativa, insomma la precarietà frutto dei nostri tempi, della
generazione degli attuali trenta/quarantenni. Inoltre, c'erano queste due
figure contrapposte che volevo far vivere sulla carta, il padre e il figlio del
romanzo, che portano con loro diversi concetti e diverse caratteristiche di
personalità, tratti inconciliabili ma che sono costretti a intrecciarsi per via
del rapporto di parentela. Adoro le storie di contrasti, dunque il romanzo è
venuto da sé.
Accade al
protagonista di “Nelle case della gente”, ma accade, credo, a chiunque legga un
libro (e ovviamente a chi lo scrive): ogni libro è un viaggio, in un mondo
fantastico (che sia reale o fiabesco). È anche un viaggio dentro noi stessi? La
letteratura (nel senso più ampio) può insegnare qualcosa? Può aiutare, magari,
a sentirsi meno soli?
La letteratura è
certamente viaggio, in ogni senso: un viaggio in mondi inventati da qualcun
altro ma anche un viaggio interiore. Non a caso si dice spesso che scrivere e
leggere siano attività addirittura “catartiche”, liberatorie. Riguardo
all'insegnamento, non ricordo libro, anche uno che non mi sia piaciuto, che a
suo modo non mi abbia trasmesso qualcosa. Anche in un pessimo libro a volte ci
può essere una frase sorprendente, un personaggio descritto alla perfezione o
un'ambientazione suggestiva. Credo che il percorso degli autori sia costellato
anche di letture sbagliate, eppure anche da quelle si può apprendere qualcosa
di importante. La solitudine poi è una componente delle vite di ognuno; credo
che esista anche una solitudine necessaria, anzi persino costruttiva. La
letteratura certo, come l'arte in generale, da sempre convive o combatte con la
solitudine. Certo, c'è una giusta misura. Basta che non diventi isolamento. Se
pensiamo ad autori come Salinger o Emily Dickinson, che hanno sì prodotto
scritti meravigliosi... ma con quale grado di sofferenza?
Come scegli i
nomi per i tuoi personaggi? Hanno qualche significato? Suonano bene?
Domanda curiosa
e alla quale rispondo volentieri: i nomi a volte mi vengono come prima cosa,
altre invece mi ritrovo a cercarli con una certa fatica.In certi casi si tratta
semplicemente di nomi che suonano bene, adatti a quel personaggio. In altri,
invece, sono nomi simbolici, se non proprio citazioni oppure omaggi. In ogni
caso, quando proprio un nome non mi viene, mi servo di alcuni siti come Nomix,
davvero utili allo scopo. Esistono pure dei generatori di nomi!
La disputa
ebook/cartaceo: ha davvero un senso? Non sarebbe forse più produttivo
concentrare le forze su altro? Qual è la tua opinione a riguardo? Gli ebook
possono aiutare gli autori emergenti a farsi conoscere, meglio di quanto non
riescano a fare le piccole case editrici con tutti i loro ovvi limiti?
Non so se
l'ebook in Italia sia riuscito a inserirsi nel mercato editoriale o meno con
efficacia. Io non sono un nostalgico della carta, ma credo che allo stesso
tempo non sparirà mai. Il libro elettronico rappresenta semmai un'ottima
integrazione per chi già legge sul mezzo cartaceo. Un dispositivo che contiene
numerosi libri elettronici è comodo e pratico, si può portare tranquillamente
in vacanza senza trascinarsi dietro un pesante carico di libri, è un'ovvietà ma
è anche un vantaggio non indifferente. Vero che oggi molti emergenti preferisco
orientarsi sulla pubblicazione in digitale, ma è vero anche che i casi
editoriali nati grazie al clamore suscitato dalle copiose vendite di ebook poi
sono stati ripubblicati in cartaceo. Ripeto: l'uno integra l'altro, io non la
vedo come una disputa senza soluzione.
Progetti per il
futuro? Puoi anticiparci qualcosa?
Certo,
pubblicherò in primavera un nuovo libro. “E ora qualcosa di completamente
diverso”, per dirla con le parole dei Monty Python. Non anticipo il titolo ma
posso dire che si tratta di un noir ambientato nel futuro, scritto con toni
umoristici. Insomma, una commistione di generi, un gioco letterario che spero
appassionerà (la mia idea è di farne una trilogia).
Infine, qual è
il libro che consiglieresti da regalare a Natale?
Se vogliamo
attenerci a quanto detto prima, lancio una provocazione e propongo alcune
letture di racconti, non si sa mai che l'idea attecchisca. Se si va sul
classico, per me non esiste niente di meglio che i racconti di Cechov e
Maupassant. Di recente però i sono avvicinato ai racconti postmoderni di Donald
Barthelme: da leggere, almeno per capire come si può destrutturare una storia e
renderla ugualmente interessante. Infine, consiglio due racconti lunghi che
amo: “La solitudine del maratoneta” dell'autore britannico Alan Sillitoe e “Il
silenzio del mare” del francese Vercors.
Grazie per
essere stato ospite del blog “I mondi fantastici”.
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