giovedì 17 dicembre 2015

Il Calibrario dell'Avvento - Giorno 17: Nelle case della gente

IL CALIBRARIO DELL'AVVENTO - GIORNO 17: NELLE CASE DELLA GENTE

L'appuntamento di oggi è dedicato a Mirko Tondi, scrittore, giornalista e insegnante di scrittura creativa, grande appassionato di letteratura (da leggere e da scrivere, ovviamente). Ha pubblicato numerosi racconti in varie antologie e riviste (ad esempio, su Contempo e su Racconti Toscani), ha all'attivo una bella raccolta di racconti noir "Killing Moon", edita da Epsil Edizioni, e ha di recente pubblicato un romanzo introspettivo molto interessante, e al tempo stesso difficile da spiegare senza averlo letto: "Nelle case della gente", edito da Porto Seguro Editore. Un romanzo che, prima ancora della pubblicazione, aveva ottenuto numerosi riconoscimenti, come arrivare finalista al premio Edizione Straordinaria di Pacini Editore 2014 o vincere il premio BrainGnu2014 di Prospettiva Editore.

Il libro, dal carattere intimistico, mescola autobiografia e finzione, a formare una sorta di memoir in terza persona. Le continue riflessioni del protagonista, insieme alle sue paure più opprimenti e alle sue ossessioni, costruiscono un viaggio esistenziale fatto di verità e menzogne, eventi accaduti o soltanto presunti. Un’indagine personale a caccia di se stesso e del suo passato, dove niente trova un posto preciso. Tanti i gli elementi del romanzo: la casa, il rapporto con gli oggetti, il padre, la deriva umana verso una costante precarietà. E tanti gli autori menzionati e omaggiati: da Anton Cechov a Joseph Conrad, da Philip Roth a Paul Auster. Tra vita e letteratura, una ricerca spasmodica della propria identità.



Titolo: Nelle case della gente
Autore: Mirko Tondi
Editore: PSEditore
Genere: Romanzo
Formato: Cartaceo
Pagine: 148
Prezzo: 10 euro
Disponibilità sui principali store (ad esempio IBS).
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Sito di Mirko Tondi.
Gordiano Lupi recensisce "Nelle case della gente".


Trama: Il protagonista senza nome del romanzo, dopo aver ricevuto un messaggio criptico da una persona spuntata dal suo passato, ha l’opportunità di conoscere dettagli nascosti della propria vita. Frastornato da un’esistenza piena di vuoti e da un padre sbagliato, si ritrova a compiere un tour tra le stanze della casa in cui abita e allo stesso tempo un viaggio nei ricordi. Sempre in bilico tra memoria e futuro, la storia conduce verso un’unica direzione: la ricerca della verità, una verità nascosta, soppressa, inseguita, ritrovata. Nelle case della gente è un labirinto claustrofobico tra le pareti della precarietà, una tragedia privata in più atti che si snoda tra coincidenze, analogie inquietanti, date e numeri che ritornano a tormentare. A conclusione di ogni capitolo, lo studio di un romanzo, esercizio feticista e pedante, atto di riverenza assoluta mediante il quale il protagonista smonta i testi e li ricompone in una sorta di mosaico, dove le parole degli scrittori si mischiano con le sue a confondere finzione e realtà.
“Un libro sui libri, non solo un romanzo, un vero e proprio corso di scrittura corredato di preziose indicazioni di lettura.” – Gordiano Lupi (scrittore, editore di Il Foglio Letterario)
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INTERVISTA A MIRKO TONDI

Ciao Mirko, parlaci un po’ di te. Quali sono i tuoi interessi, le tue passioni? 
 
Ciao Alessio e ciao a chi ti segue. Oltre alla scrittura e alla lettura (ovvio, no?), tra le mie passioni ci sono l'arte, il cinema e la musica. Direi che sono un appassionato di musica, soprattutto: mi piace navigare tra i generi, scoprire nuovi artisti, ascoltare valanghe di dischi in vinile. Confesso poi di avere un debole per il giardinaggio e in particolare per il fai-da-te: mi piace molto l'idea di aggiustare qualcosa, se non addirittura di costruirla.

Com’è stato, e com’è tutt’oggi, il tuo approccio alla scrittura? 

È cambiato molto nel corso del tempo. Se una volta scrivevo per affermarmi, adesso scrivo perché è un elemento irrinunciabile della mia vita. Se non scrivo, sento che manca qualcosa alle mie giornate. Se poi parli di metodo, ho solo due regole che mi autoimpongo: 1- cercare di scrivere qualcosa ogni giorno, oppure, se proprio non riesco, comunque continuare a pensarci; 2- scrivere su un computer sul quale non faccio altro: niente internet, niente divagazioni.

Perché scrivi? Per piacere, per passione, per lavoro?

La risposta più semplice che mi viene in mente è quella di Umberto Eco: “Perché mi piace”. Tutto sommato, i motivi per cui scrivo sono cambiati negli anni e al momento (mi tocca ammetterlo a me stesso...) scrivo per portare a termine qualcosa. Difatti, anche se non sembra sono un tipo abbastanza inconcludente, e la scrittura è l'unica attività che mi permette di finire quello che ho iniziato. Scrivere per lavoro non so se renderebbe la cosa così piacevole, anzi credo che alla lunga la tramuterebbe in un obbligo, solo scadenze e impegni da rispettare.

Verso quali generi, o quali tipi di storie, sei orientato? O non ti piace parlare di genere, preferisci scrivere ciò di cui ti va di scrivere, senza limitazioni?

Sì, non mi piace molto la distinzione tra generi, anzi di solito mi piace mescolare le carte e fare dei veri e propri pastiche in cui si confondono l'umoristico, il fantastico, persino il noir. Mi ritengo in questo piuttosto eclettico, poiché mi sono ritrovato a scrivere sia racconti gialli sia un romanzo di tipo intimistico.
 
In Italia ci sono più scrittori che lettori, e non è un modo di dire ma realtà. Lasciando da parte i problemi, cosa consiglieresti per uscire da questa situazione critica? Un’idea, una ricetta “natalizia” per incentivare la lettura, quale potrebbe essere secondo te?

Anche se in Italia ci sono davvero più scrittori che lettori, a me non cambia un granché. Quelli che scrivono tanto per fare poi li riconosci subito. Semmai consiglierei di leggere molto a chi davvero vuol fare della scrittura una presenza fissa nella sua vita. Va da sé che soltanto leggendo libri su libri si può migliorare. Per incentivare la lettura in generale, mi piace citare uno di quei diritti del lettore nominati da Pennac in “Come un romanzo”: il diritto di spizzicare. Assaggiando qua e là magari viene voglia di mangiare tutto, no?

So bene che sei un appassionato di racconti. Perché questa scelta? Editorialmente (e quindi, ahimè, anche commercialmente) in Italia non è facile piazzare antologie di racconti, il che è strano considerando la lunga tradizione di scrittori di racconti e novelle che abbiamo alle spalle (da Boccaccio a Verga e Pirandello, ad esempio). Come mai questo disinteresse odierno? Tra l’altro, considerando che il lettore medio italiano legge pochissimo, la forma “racconto” dovrebbe prestarsi pure meglio, no? Credi che la diffusione degli ebook, anche di storie brevi, leggibili su qualunque piattaforma, possa aiutare a superare questa impasse?


Come dico sempre di me, mi considero “un inguaribile scrittore di racconti”. Non è una cosa che ho scelto, ma una forma che prediligo e nella quale riesco meglio. Attraverso storie brevi riesco a catturare meglio un momento, un episodio, un dettaglio e a concentrarmi su quelli. Nel romanzo invece c'è più tempo, più spazio e spesso trovo difficoltà a organizzare le idee sulla lunga distanza. So benissimo che in Italia purtroppo i racconti non si vendono, specie se si parla di autori emergenti. Ben pochi (un caso eccezionale è Paolo Cognetti) sono riusciti negli ultimi anni a farsi notare grazie a una raccolta di racconti. Certo, è strano, se pensiamo ai nomi che hai citato, ma pure ai vari Moravia, Buzzati, Calvino, Sciascia e tanti altri autori che si sono fatti conoscere anche grazie ai loro racconti. Trovo che il disinteresse di oggi per questa forma non stia tanto nei lettori ma nel mercato editoriale, che privilegia romanzi (anche brevi, anche leggeri) da poter smerciare meglio. Paradossalmente, le persone, anche quelle che leggono poco, sono più propense a comprare (comprare, in primis, poi leggere è un'altra storia...) romanzi di cui si è sentito parlare in giro, magari prendendoli in una sosta all'autogrill durante un viaggio. Lì i racconti è probabile che non ci arrivino mai... Credo che l'ebook possa di sicuro aiutare la diffusione di racconti brevi, tanto che oggi esiste una serie di concorsi lanciati proprio con l'obiettivo di pubblicare poi i vincitori come racconti singoli in formato digitale. 


In “Killing Moon”, antologia di racconti noir, affronti il tema del male, non come un mostro alieno o mitologico ma come una creatura che si annida nell’animo dell’uomo, quasi fosse la sua stessa ombra. Sono allora gli uomini causa del loro stesso male (e malessere)?


Suppongo che il male, in percentuali più o meno diverse, sia presente in noi e qualche volta possa trovare modo di manifestarsi, di essere sfogato all'esterno. Quello che mi interessava in “Killing moon” era appunto ragionare sulle varie sfaccettature del maligno, che fosse il mostro cieco della gelosia, la volontà di perpetrare una vendetta, la convinzione di incarnare una giustizia terrena oppure essere posseduti dal demone dell'avidità. Si tratta, secondo me, della solita scintilla che, se trova modo di diventare un fuoco vero e proprio, può essere causa di fatti deplorevoli. Con questo non voglio dire che tutti siamo potenzialmente soggetti al male, ma certi ne subiscono il fascino perverso più di altri.

Generi e attualità: spesso, una certa critica miope accusa la letteratura di genere di essere puro edonismo, eppure, come dimostra la tua stessa antologia “Killing Moon”, è possibile servirsene per affrontare temi attuali (qualche esempio? La prostituzione, la violenza sulle donne, gli abusi sui minori, il tema del diverso e quant’altro). Cosa ne pensi al riguardo?

Credo che la letteratura di genere possa essere utilizzata per gli scopi più vari, sia come semplice divertissement sia come mezzo per trasmettere qualche messaggio più alto. C'è però un pregiudizio diffuso secondo il quale i thriller e i noir non possano mai e poi mai considerarsi prodotti di qualità ma solo letture da ombrellone o poco più. Invece, se penso ad autori come James Ellroy, per esempio, non trovo motivo per non considerare ciò che scrive come letteratura e non semplici romanzi di genere. 

Il tuo ultimo romanzo “Nelle case della gente” è un romanzo molto particolare (tanto che è difficile parlarne, o quantomeno definire un genere di appartenenza). Come è nato? Cosa volevi raccontare con questa storia?

Il romanzo è nato dall'esigenza di voler raccontare una storia che fosse il più possibile condivisibile, mi piacerebbe persino dire quasi “universale”. Il materiale stava diventando sempre più concreto, anche molto attuale. Volevo infatti raccontare la precarietà dei nostri tempi, una precarietà umana, relazionale, economica, lavorativa, insomma la precarietà frutto dei nostri tempi, della generazione degli attuali trenta/quarantenni. Inoltre, c'erano queste due figure contrapposte che volevo far vivere sulla carta, il padre e il figlio del romanzo, che portano con loro diversi concetti e diverse caratteristiche di personalità, tratti inconciliabili ma che sono costretti a intrecciarsi per via del rapporto di parentela. Adoro le storie di contrasti, dunque il romanzo è venuto da sé. 


Accade al protagonista di “Nelle case della gente”, ma accade, credo, a chiunque legga un libro (e ovviamente a chi lo scrive): ogni libro è un viaggio, in un mondo fantastico (che sia reale o fiabesco). È anche un viaggio dentro noi stessi? La letteratura (nel senso più ampio) può insegnare qualcosa? Può aiutare, magari, a sentirsi meno soli?

La letteratura è certamente viaggio, in ogni senso: un viaggio in mondi inventati da qualcun altro ma anche un viaggio interiore. Non a caso si dice spesso che scrivere e leggere siano attività addirittura “catartiche”, liberatorie. Riguardo all'insegnamento, non ricordo libro, anche uno che non mi sia piaciuto, che a suo modo non mi abbia trasmesso qualcosa. Anche in un pessimo libro a volte ci può essere una frase sorprendente, un personaggio descritto alla perfezione o un'ambientazione suggestiva. Credo che il percorso degli autori sia costellato anche di letture sbagliate, eppure anche da quelle si può apprendere qualcosa di importante. La solitudine poi è una componente delle vite di ognuno; credo che esista anche una solitudine necessaria, anzi persino costruttiva. La letteratura certo, come l'arte in generale, da sempre convive o combatte con la solitudine. Certo, c'è una giusta misura. Basta che non diventi isolamento. Se pensiamo ad autori come Salinger o Emily Dickinson, che hanno sì prodotto scritti meravigliosi... ma con quale grado di sofferenza?

Come scegli i nomi per i tuoi personaggi? Hanno qualche significato? Suonano bene?

Domanda curiosa e alla quale rispondo volentieri: i nomi a volte mi vengono come prima cosa, altre invece mi ritrovo a cercarli con una certa fatica.In certi casi si tratta semplicemente di nomi che suonano bene, adatti a quel personaggio. In altri, invece, sono nomi simbolici, se non proprio citazioni oppure omaggi. In ogni caso, quando proprio un nome non mi viene, mi servo di alcuni siti come Nomix, davvero utili allo scopo. Esistono pure dei generatori di nomi!

La disputa ebook/cartaceo: ha davvero un senso? Non sarebbe forse più produttivo concentrare le forze su altro? Qual è la tua opinione a riguardo? Gli ebook possono aiutare gli autori emergenti a farsi conoscere, meglio di quanto non riescano a fare le piccole case editrici con tutti i loro ovvi limiti? 


Non so se l'ebook in Italia sia riuscito a inserirsi nel mercato editoriale o meno con efficacia. Io non sono un nostalgico della carta, ma credo che allo stesso tempo non sparirà mai. Il libro elettronico rappresenta semmai un'ottima integrazione per chi già legge sul mezzo cartaceo. Un dispositivo che contiene numerosi libri elettronici è comodo e pratico, si può portare tranquillamente in vacanza senza trascinarsi dietro un pesante carico di libri, è un'ovvietà ma è anche un vantaggio non indifferente. Vero che oggi molti emergenti preferisco orientarsi sulla pubblicazione in digitale, ma è vero anche che i casi editoriali nati grazie al clamore suscitato dalle copiose vendite di ebook poi sono stati ripubblicati in cartaceo. Ripeto: l'uno integra l'altro, io non la vedo come una disputa senza soluzione.

Progetti per il futuro? Puoi anticiparci qualcosa?

Certo, pubblicherò in primavera un nuovo libro. “E ora qualcosa di completamente diverso”, per dirla con le parole dei Monty Python. Non anticipo il titolo ma posso dire che si tratta di un noir ambientato nel futuro, scritto con toni umoristici. Insomma, una commistione di generi, un gioco letterario che spero appassionerà (la mia idea è di farne una trilogia).

Infine, qual è il libro che consiglieresti da regalare a Natale?

Se vogliamo attenerci a quanto detto prima, lancio una provocazione e propongo alcune letture di racconti, non si sa mai che l'idea attecchisca. Se si va sul classico, per me non esiste niente di meglio che i racconti di Cechov e Maupassant. Di recente però i sono avvicinato ai racconti postmoderni di Donald Barthelme: da leggere, almeno per capire come si può destrutturare una storia e renderla ugualmente interessante. Infine, consiglio due racconti lunghi che amo: “La solitudine del maratoneta” dell'autore britannico Alan Sillitoe e “Il silenzio del mare” del francese Vercors.

Grazie per essere stato ospite del blog “I mondi fantastici”.


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