venerdì 6 luglio 2018

Recensione "Le nebbie di Avalon" di Marion Zimmer Bradley

Recensione "Le nebbie di Avalon" di Marion Zimmer Bradley

Bentrovati, viaggiatori di mondi fantastici! Oggi vi porto... a Avalon, uno dei luoghi più leggendari e affascinanti dell'immaginario umano. Questa misteriosa isola, da qualche parte nella terra di Albione, dove si radunavano gli antichi officianti e le sacerdotesse della Madre Terra e celebravano i loro riti. Voglio parlarvi di un romanzo bellissimo, uno dei miei preferiti in assoluto: "Le nebbie di Avalon", di Marion Zimmer Bradley.

Il libro è una rilettura della materia di Britannia (le storie di Artù e dei Cavalieri della Tavola rotonda, per capirci), che abbraccia l'intera epopea di Camelot, mostrandoci il prima, il durante e anche il dopo. La storia inizia con gli intrighi tessuti da Merlino e da Viviana, decisi a far accoppiare Igraine, sorella di Viviana, con Uther Pendragon, grande capo guerriero che è riuscito a riunire numerosi clan e tribù dell'isola, per contrastare la minaccia dei Sassoni. Come sappiamo (se non lo sapete, ecco uno spoiler!), dalla loro unione nascerà Artù, il re in eterno. Il libro prosegue poi mostrando la fanciullezza di Artù, la sua ascesa al trono, la fondazione di Camelot e dell'ordine dei Cavalieri e tutte le vicende che sono seguite, nella buona e nella cattiva sorte, arrivando alla morte del re (anche questo è uno spoiler, ma se siete appassionati di materia di Britannia sapete che in tutte le storie, ahimè, Artù muore) e alla fine del mondo celtico/pagano, distrutto dall'avanzata del nuovo mondo.

PARLA MORGANA: Ai miei tempi sono stata chiamata in molti modi: sorella, amante, sacerdotessa, maga, regina. Ora, in verità, sono una maga e forse verrà un giorno in cui queste cose dovranno essere conosciute. 
Ma credo che saranno i cristiani a narrare l'ultima storia. Il mondo della Magia si allontana sempre di più dal mondo dove regna il Cristo. Non ho nulla contro di lui, ma solo contro i suoi preti che negano il potere della Grande Dea oppure l'avvolgono nella veste azzurra della Signora di Nazareth e affermano che era vergine. 
Ma che cosa può sapere una vergine delle sofferenze dell'umanità?

Trama a parte, che comunque è molto ricca, con tanti personaggi (tutti costruiti benissimo e incastrati in maniera magistrale), la bellezza nel romanzo sta, a mio parere, nella capacità dell'autrice di rappresentare questo mondo misterioso e un po' magico, di trascinare il lettore all'interno di quel mondo, di farlo passeggiare per l'isola di Avalon o sulle mura di Camelot. Ogni volta che leggo "Le nebbie di Avalon", e l'ho già fatto almeno 4/5 volte, mi ritrovo là, a vagare nella nebbia in cerca della via che mi porterà al lago, a cercare l'odore delle erbe e degli alberi in frutto, a tendere l'orecchio nella speranza di udire le campane di Glastonbury che mi indichino la via. Una magia potente, quella scatenata da Marion Zimmer Bradley, una magia a cui il lettore può solo chinare il capo e farsi trasportare dalla bellezza di quel sogno che è il romanzo.

Altro aspetto curatissimo sono i personaggi, in particolare le figure femminili, che sono quelle che dominano nel romanzo: Igraine, Viviana, Ginevra e Morgana sono le quattro protagoniste della storia, a cui aggiungerei Morgause, con tutti i suoi intrighi. Le varie facce della Dea, come le definisce Morgana. Non semplici spettatrici, ma protagoniste, motore della vicenda, con i loro gesti, le trame che imbastiscono, il loro carattere forte e le loro scelte. E proprio da quelle scelte dipende il destino di Camelot e di Avalon, assolutamente legati: la spada e il calice, il potere temporale e quello spirituale, sono uniti in maniera indissolubile e quando uno cade... 

Tra i personaggi maschili ho apprezzato Artù, Taliesin (il Merlino di Britannia) e soprattutto Lancillotto, che è da sempre il mio preferito nel ciclo arturiano. Il cavaliere per eccellenza, abile in guerra e fedele al suo re, eppure schiavo della sua maledizione, schiavo del suo dover essere per forza perfetto, di dover essere quello che gli altri si aspettano che lui sia (a chi non è mai successo?), senza poter essere quello che realmente è, senza poter avere quello che davvero vuole. Il suo amore per Artù, in questo romanzo, supera quello delle bromance moderne, tanto amate dai fandom delle serie tv, ma è intenso, genuino e drammatico, un amore che divora il Cavaliere dall'interno. E condannerà tutti loro.

Lo stile è sublime, scorre benissimo, entra alla perfezione nei pensieri, nelle emozioni dei personaggi, regalandoci un grande affresco dell'epopea magica della Britannia di quel tempo, quando l'Impero Romano stava regredendo e le popolazioni dell'isola erano rimaste sole a difendersi dalle invasioni dei Sassoni. E' un momento di passaggio, tra vecchio e nuovo, tra gli antichi riti della Madre Terra (la Dea primordiale) e il nuovo culto del Cristianesimo, che sta divampando, come nel resto dell'Europa, e mietendo le sue vittime. Molto bella anche la ricostruzione dello spirito del tempo, di questo scontro tra chi cerca di resistere, di ancorarsi al passato, di non perdere le proprie tradizioni, la propria cultura, e chi invece si lascia trascinare dalle novità, dall'avanzare del nuovo. In questo conflitto c'è un'altra bella chiave di lettura del romanzo.

Nel complesso, un capolavoro, per ora ineguagliato. Forse non sarà la "vera" storia di Artù e di Camelot, ma alla fine stiamo parlando di miti, di leggende, non di fatti storici documentati, e quando la trama è così coinvolgente, quando il potere della parola stampata trasborda dalle pagine, come le piene che a volte allagano Glastobury e la sua pianura, allora non possiamo che lasciarsi trascinare e sprofondare nello spirito del tempo, sperando di ritrovarci ad Avalon o in cima al Tor, a respirare la brezza di un tempo che non c'è più. E chissà, a camminare come novizi nei sentieri che portano in cima all'Isola Sacra e apprendere le antiche arti... Buona lettura, viaggiatori!


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