PRIMAVERA DI LIBRI - KINGSLEY NGADIUBA
Dopo la pausa di ieri, dedicata al romanzo erotico "Veronica è mia", la letteratura fantastica torna protagonista del Calibrario della Primavera, e lo fa con un romanzo fantasy guerriero e sanguigno: "La stella dell'ovest", primo capitolo della saga di Anorias di Kingsley Ngadiuba. Il libro è già stato presentato e recensito qui sul blog "i mondi fantastici" ed è disponibile sui vari store e nelle librerie per l'acquisto. Per scoprire qualcosa sull'autore e sui suoi lavori, potete seguirlo sulla sua Pagina Facebook.
Il Drago si è destato e il Fyron troverà il giusto. Cacciatore, la tua cerca si è finalmente conclusa. Sii per lui padre, maestro e amico, guarda dove egli non riesce. Guida la Stella dell'Ovest nelle sue terre e proteggilo da ciò che troverà. L'Oscurità si allunga su di voi. Fate in fretta, oggi le tenebre non cadranno sul vostro sentiero!
INTERVISTA A KINGSLEY NGADIUBA
Ciao Kingsley,
parlaci un po’ di te. Quali sono
i tuoi interessi, le tue passioni?
Partiamo già con le domande
lunghe? Che dire di me, diciamo che questa è la parte dove non sono tanto
bravo. Ho 23 anni e vivo a Ravenna, dove ho conosciuto persone incredibili che
mi hanno mostrato come migliorare me stesso. Da bambino volevo diventare
paleontologo (studiare i dinosauri, cercare i fossili) ed è per questo che ho
deciso di iscrivermi e laurearmi in Geologia a Ferrara, progetto futuro: andare
a studiare all’estero, ci sono giusto un paio di università che mi interessano.
Di volata passiamo al teatro, una
passione, un modo di vivere che mi porto dietro dalla prima superiore. Ho
cominciato coi laboratori teatrali della non-scuola
e poi all’improvviso, senza sapere nemmeno il perché mi sono trovato a fare
l’attore di professione (poi che io sia bravo è tutto da vedere), ma credo che
l’amore per il teatro sia una diretta conseguenza dell’amore per la lettura.
Sono stati i libri a mostrarmi la via per fuggire nella fantasia, essere un
cavaliere d’altri tempi in altri mondi, che mi hanno insegnato il significato
di onore, lealtà e amicizia, le pagine piene d’inchiostro sono state delle
meravigliose maestre di vita. Poi, come capita a molti, dalla lettura sono
passato alla scrittura, un delirio che nemmeno immagini, poter creare i miei
mondi personali è qualcosa che mi diverte tantissimo.
Stavo per dimenticare una
passione importante, spero che non me ne voglia a male solo perché l’ho messa
per ultima, il gioco di ruolo, che per me è l’unione del teatro ai mondi
fantastici, perché quando ti cali nel personaggio la scheda davanti a te
scompare e ti trovi circondato da enigmi e lande piene di insidie. E l’Irlanda, mi ero proprio
dimenticato dell’Irlanda, so che non me lo perdonerà mai. Semplicemente
l’adoro, la gente, il paese, la cultura, le tradizioni e la musica. Sono
proprio i jig and reels irlandesi le colonne sonore dei miei racconti, non
avrei buttato giù mezza parola senza di loro. L’avevo detto che era la domanda
lunga.
Com’è stato, e com’è tutt’oggi,
il tuo approccio alla scrittura? Perché scrivi? Verso quali generi, o quali
tipi di storie, sei orientato? O non ti piace parlare di genere, preferisci
scrivere ciò di cui ti va di scrivere, senza limitazioni?
Il mio approccio alla scrittura
diciamo che nasce dal voler mettere su carta tutte le idee che avevo e che ho
in testa, poter far vivere ad altri le avventure che facevo da bambino ed anche
un modo per ringraziare tutti i libri che ho letto. Per me la scrittura non è
solo creare una storia è anche viverla, quando scrivo mi sento in pace, vedere
la penna che scorre sulla pagina bianca mi rallegra. Sono uno scrittore
rumoroso, sono tante le volte in cui mi metto a ridere per quello che sta per
accadere o comincio a strepitare per la brillante idea che mi è passata per la
testa, poi parlo, ma parlo tantissimo, perché in testa tutti quei pensieri non
riescono a starci e devo dirli a voce alta. Io sono convinto che i generi
esistano, aiutano il lettore a scegliere cosa leggere, ma una cosa accomuna
tutti i libri: la fantasia dello scrittore, che sia un romanzo d’avventura, che
sia una storia d’amore in quelle parole c’è sempre lo spirito di chi le ha
scritte…ma non è questa la risposta alla domanda.
Il mio genere preferito o di
riferimento, che dir si voglia, è il fantasy, in quasi tutte le sue
sfaccettature (ancora non riesco ad apprezzare l’urban fantasy, forse devo solo
trovare il libro giusto per me). Il fantasy perché credo che sia uno degli
stili migliori per poter parlare di tutto, usare un mondo diverso dal nostro
per parlare delle tematiche che ci stanno più a cuore. Il genere è in grado di
rendere concreti concetti astratti e questo mi ha sempre affascinato.
“La stella dell’Ovest” è un
romanzo fantasy molto epico è battagliero. Vuoi raccontarci qualcosa al
riguardo? Come è nato? Come hai lavorato nella stesura di questo romanzo? Quali
sono i tuoi modelli di riferimento?
La Stella dell’Ovest, che io
chiamo anche “Il libro che mi chiede di essere scritto”, nasce per caso in una
sera di luglio nell’ormai non troppo vicino 2007. Dopo l’ennesima litigata con
mia sorella Whitney vengo esiliato in sala e sulla poltrona comincio a scrivere
la prima frase del libro “Il sole era alto nel cielo…” credo che nessuno
scrittore possa dimenticare la propria. Le prime parole, l’avanguardia per un
esercito di storie e avventure. Così sono nati Roja e Joan, nomi rubati ai
titoli che avevo vicino a me, personaggi che sono diventati inseparabili amici. Ai tempi ero alle superiori e
come tutti i bravi studenti approfittavo delle lezioni per scrivere, durante le
più noiose ho scritto i capitoli più divertenti e in tutto questo gli
insegnanti pensavano che prendessi appunti.
Ho sempre scritto per me, facendomi
influenzare dagli autori che leggevo, i due che più mi hanno dato e lasciato
sono David Gemmell, il mio scrittore preferito, un maestro del genere, e Robin
Hobb, una scrittrice che è mi ha trasportato, anima e corpo, nei suoi mondi. Così, parola dopo parola, crisi e
minacce al libro, sono arrivato a scrivere La Stella dell’Ovest, un malloppone
enorme che ho pensato di dividere in due, alla prima parte ho lasciato il nome
La Stella dell’Ovest, per la seconda ho optato L’Alba dell’Ovest. Poi, il giorno prima della prima
prova della maturità, ho scritto l’ultima parola di quello che ora sono La
Stella dell’Ovest e il suo seguito.
In un fantasy i nomi sono molto
importanti, contraddistinguono un personaggio e al tempo stesso evocano
sensazioni. Come scegli i nomi per i tuoi personaggi? Suonano bene? Sono
legati, non so, a dei miti o a dei significati particolari?
I primi nomi che ho usato ne La
Stella dell’Ovest li ho scelti in base alla loro sonorità, adoro quando le
parole giocano coi suoni, sono un fan delle allitterazioni. Per alcuni
personaggi ho cercato nomi che fossero disgustosi da pronunciare, proprio per
ricalcare la loro natura, altri dovevano essere forti o melodiosi. In seguito li ho presi dal mondo
irlandese, il gaelico è una fonte infinita di idee e nomi incredibili, se poi
vai a fare ricerche su questi e scopri che calzano a pennello con la situazione
che volevi rappresentare non puoi fare a meno che lanciare un grido di
vittoria. Per il mondo delle Arpie ho
cercato di rifarmi il più possibile alle stelle, quasi tutti i loro nomi sono
stelle di diverse costellazioni, questo perché sono un popolo antico e profondo
come le stelle che vediamo ogni notte nei nostri cieli.
Generi e attualità: spesso, una
certa critica miope (tutta italiana) accusa la letteratura di genere di essere
puro edonismo, eppure è possibile servirsene per affrontare temi attuali
(qualche esempio? La prostituzione, la violenza sulle donne, gli abusi sui
minori, il tema del diverso e quant’altro). Cosa ne pensi al riguardo?
Per me la scrittura dovrebbe
trattare di questi argomenti in modo più o meno evidenti, lo faceva Moliere nel
suo teatro, perché perdere questo meraviglioso dono.
Io per primo cerco di mettere una
tematica in tutto ciò che scrivo, in primis ne La Stella dell’Ovest, poi che
riesca o non riesca è un’altra cosa, intanto mi sono messo in gioco.
Come ho detto prima, il fantasy è
forse uno dei generi dove questo lavoro può essere fatto, perché non si parla
solo di lotta tra bene e il male, il genere è in grado di toccare l’essenza
dell’uomo come ha fatto Ursula K. Le Guin ne Il Mago.
Secondo me gli scrittori hanno
tra le mani un potente mezzo e dovrebbero essere capaci di usarlo per aiutare
gli altri, denunciare le ingiustizie, creare eroi a cui ispirarci. Ragazzi siamo
i bardi e i menestrelli del nuovo secolo, è una grossa responsabilità.
In Italia ci sono più scrittori
che lettori, e non è un modo di dire ma realtà. Lasciando da parte i problemi,
cosa consiglieresti per uscire da questa situazione critica? Un’idea, una
ricetta “primaverile” per incentivare la lettura, quale potrebbe essere secondo
te?
Allora a tutti gli scrittori che
leggono cercate di mettervi in contatto con le vostre biblioteche o le vostre
istituzioni pubbliche proponente loro di creare gruppi di lettura coi ragazzi
delle scuole. Se riusciamo ad avvicinarci ai potenziali lettori, se li portiamo
nei mondi che ci hanno condotto alla lettura abbiamo speranza di farcela a
vincere questa silenziosa battaglia. E non importa se riusciamo a
convincere due o tre di quei ragazzi, sono sempre più di zero e questo è
positivo, poi immaginatevelo moltiplicato per tutte le biblioteche d’Italia e
quei due o tre saranno sempre di più.
Proprio noi che amiamo la lettura
dovremmo essere in grado di trasmettere ai nuovi questa nostra passione,
cerchiamo di coinvolgerli, che si interroghino su quello che leggono, sapendo
che non esiste nessuna risposta sbagliata, che nessuno deve dare loro un voto. E soprattutto, come dice Pennac,
leggere non accetta l’imperativo, obbligarli a leggere qualcosa che non piace
certamente non te lo farà amare, un po' come il radicchio rosso, solo io lo
trovo così amaro?
Personalmente ritengo che ogni
libro sia un viaggio, in un mondo fantastico, ma può essere anche un viaggio
dentro noi stessi? La letteratura (nel senso più ampio) può insegnare qualcosa?
Può aiutare le persone (chi scrive e chi legge) a sentirsi meno soli?
Poi se mi ripeto avvisatemi,
perché non ricordo tutto quello che dico. Per me sì, secondo me la lettura è un
viaggio dentro noi stessi, almeno alcuni libri ti mostrano parti del tuo corpo
e del tuo carattere che da solo forse non saresti mai riuscito a scoprire. Ci
sono certi libri che ti cambiano, non è una frase fatta è la verità, che ti
aprono la mente a nuovi orizzonti ed è questo che fa la letteratura, ti mostra
che tu hai gli strumenti per cambiare la tua vita, che sai usarli anche se
pensavi di non saperlo fare. È già tutto dentro di noi, dobbiamo solo tirarlo
fuori.
Scrivere serve a sentirsi meno
soli? Certamente! Pensare che il lavoro di uno scrittore sia solitario secondo
me è sbagliato, perché per scrivere dei mondi devi prima immergerti in essi,
devi vivere le persone per poterle descrivere, per capirle.
Devi vivere per poter scrivere
della vita e per farlo devi essere a contatto con il mondo, quindi sì, scrivere
aiuta a sentirsi meno soli, aiuta a scaricare i propri problemi, come i cari e
vecchi diari segreti, silenziosi confidenti delle giornate.
E la lettura? Quando un libro ti
dà il coraggio di affrontare gli altri, quando è lo stesso libro che ti chiede
di abbandonarlo e uscire a vivere la vita. Perché è giusto leggere, aiuta, ma è
altrettanto importante essere partecipi di quello che ci circonda.
Progetti per il futuro? Stai
lavorando sul proseguo della saga, immagino. Puoi anticiparci qualcosa?
La mia famigerata Alba
dell’Ovest, il seguito de La Stella. Che dire, ritorneremo ad Anorias con Roja
e Joan, ma le cose cambieranno, il nemico da affrontare sarà più scaltro e
senza scrupoli. Nuovi alleati e nemici dovranno affrontare gli uomini per
aiutare il Giusto nella strada che conduce verso un futuro migliore. Roja dovrà confrontarsi con la
sua vera natura e tutto ciò che ne comporta, dovrà crescere per poter salvare
Anorias dalle ossute dita della Grande Notte, la madre del Kersar.
Infine, qual è il libro che consiglieresti
ai lettori? Un libro che ti rappresenta e parla di te?
Senza alcun dubbio consiglierei La Leggenda dei Drenai di David Gemmell,
è un libro che mi ha mostrato cosa vuol dire lottare senza sosta, combattere
anche quanto tutto sembra perduto. Un romanzo dove gli eroi sono degli uomini
con paure e desideri, dove non esiste nessuna magia capace di salvarli e sarà
solo la loro volontà a portarli verso la vittoria. Non è solo un libro che consiglio
a chi legge il genere, è un libro che tutti possono leggere perché ne La Leggenda c’è il concetto fondamentale
di lottare per la propria vita.
Grazie per essere stato ospite
del blog “I mondi fantastici”.
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