lunedì 22 febbraio 2016

Estratti da "Anime contro" - romanzo young adults di Alessio Del Debbio

Estratti da "ANIME CONTRO"

Una rubrica un po' diversa dal solito. Non è una segnalazione, né una recensione, semplicemente mi limiterò a riportare alcune frasi o periodi estratti dai libri. La cadenza, come sempre, sarà semplicemente quando avrò tempo e voglia per scrivere un articolo. Oggi inizio dal mio libro "Anime contro", un romanzo per ragazzi edito da Cinquemarzo Edizioni nel 2015, di cui riporto alcune frasi. Per chi ha piacere di scoprirlo, rimando a un articolo sul blog e sul sito.


Ho scelto quattro estratti, uno per ciascuno dei personaggi principali: Jonathan, Francesca, Veronica e Leonardo, che poi sono i quattro punti di vista che si alternano nel libro.



Sapeva cosa turbava Francesca, avendo condiviso il dolore di quella perdita, e avrebbe voluto confortarla. Avrebbe voluto dirle che tutto sarebbe andato bene, che il fantasma del Natale passato non le avrebbe più fatto visita e che il destino le avrebbe regalato gioia e sorrisi. Lo avrebbe voluto davvero perché credeva che nessuno, di tutti i suoi amici, meritasse di sentirselo dire più di lei. Ma non poteva farlo, perché non ci credeva e perché, di fatto, era una bugia ed entrambi lo sapevano bene. Sapevano che gioia e sorrisi sarebbero stati passeggeri, in un’esistenza che era una guerra continua contro la sorte avversa, e quei pochi istanti di cui avrebbero goduto dovevano tenerli stretti, legandoli al cuore e attingendovi ogni volta in cui la desolazione del presente pareva far strage di ogni forma di luce. (Jonathan).

C’è stato un tempo in cui ho amato il Natale! L’ho amato sul serio! Un tempo in cui tutti questi baci, questi auguri che ci scambiamo, questa speranza per un futuro migliore avevano davvero un significato! O, quantomeno, credevo lo avessero! E non erano solo i sogni di un bambino, l’infantile necessità di andare oltre questa vuota esistenza e lavorare di fantasia, bensì il raggiungimento degli stessi, il concretizzarsi di un’emozione, a cui potevo dare un nome, un volto, dei lineamenti ben precisi. Era amore. Per quel poco che è durato. (Francesca)

Veronica continuava ad avere fede, come nonno Libero le aveva insegnato da bambina. Continuava a sperare nel futuro, in un sole oltre le nuvole che potesse indicarle la via e trasformarla, da bruco come a volte si sentiva, in una magnifica falena luminosa. (Veronica)

Era così che si sentiva, anche se non l’avrebbe ammesso con nessuno, neppure con Jonathan. Impaurito. Dal futuro, da quello che sarebbe potuto accadere, dalle terapie che non funzionavano, da una malattia a cui non c’era rimedio. Dal passato che li aveva portati lì, dai rimorsi per una fuga precipitosa, da tutto ciò che si erano lasciati indietro, abbandonando Milano e la loro vecchia esistenza. Ma soprattutto dal presente. Dalla malinconia di giorni che sembravano non passare, ripetendosi uno dietro l’altro, in un logorante refrain che Leo non sapeva come interrompere. O forse, quando il dubbio di una possibilità si palesava alla sua mente affranta, non voleva, perché volerlo significava ammettere la sconfitta. E lui non era tipo da lasciarsi vincere facilmente. No, non lo era affatto. Avrebbe combattuto, mostrando i denti alla vita e azzannandola più forte ogni volta che quella stronza lo avesse morso. E questo avveniva spesso. Molto spesso. (Leonardo)



Spero di avervi incuriosito! Buona lettura! E buon viaggio con Jonathan e i suoi amici! :)


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