INTERVISTE AGLI SCRITTORI - CLARA BARTOLETTI
Oggi il blog "I mondi fantastici" ospita una scrittrice viareggina, Clara Bartoletti, autore di romanzi di tensione, con una forte componente psicologica: 528, April Rose: La memoria delle rose e il recente "Tra le spighe di amarena", recensito anche qui sul blog. Su Amazon una carrellata dei romanzi di Clara, con possibilità di acquisto sia in formato cartaceo che digitale.
Ciao Clara, parlaci un po’ di te,
quali sono le tue passioni, i tuoi interessi e, nello specifico, com’è stato il
tuo approccio alla scrittura?
Il mio rapporto con la scrittura
è nato molto presto. Alle medie ho cominciato a scrivere racconti spiritosi e
d’avventura prendendo di mira i miei compagni di classe. Trovavo nella
scrittura un modo divertente per esprimermi. Di me posso dirti che sono una
persona molto estroversa e che ho un lato comico; le mie passioni sono la subacquea
e i viaggi, e sono molto curiosa. Non mi lascio convincere dalle apparenze, e
devo sempre immergermi nelle questioni e approfondire.
Quali sono le tue letture
preferite? Che generi preferisci leggere? Se tu dovessi scegliere il romanzo
della tua vita, qual è?
Ho sempre letto tantissimo, fin
da piccola mi sono appassionata ai romanzi d’avventura e i classici per
ragazzi. Sono passata dalla letteratura americana a quella sudamericana,
passando per gli horror di S. King ai saggi di psicologia. Sono una lettrice
“complicata” e molto critica: non leggo i best seller ma vado alla ricerca di
romanzi e letture di nicchia, filosofiche e dai contenuti raffinati.
Ultimamente mi sono data alla filosofia, alla lettura di Borges e Mutis. I
romanzi della mia vita sono due, perché sono fonte di ispirazione continua: Il
giovane Holden e Cent’anni di Solitudine.
Passiamo ai tuoi lavori. La prima
domanda è un po’ scontata, e immagino te l’abbiano già fatta in molti: come mai
hai scelto la strada dell’autopubblicazione? Quali vantaggi offre a un autore
emergente? Come promuovi i tuoi libri?
L’autopubblicazione è stata una
scelta “obbligata” se vogliamo. Non ho ancora trovato una CE che si sia
interessata a ciò che scrivo, ma alla fine si è rivelata una modalità che mi
gratifica. Ovviamente non farò mai grandi numeri, ma mi ha permesso di farmi
conoscere e (quello che conta!) apprezzare da chi ha avuto il “coraggio” di
leggermi. La promozione è supportata da un mio blog (Liberemozioni) e dalla mia
page pubblica su FB, oltre all’incoraggiamento e la condivisione di molti
amici.
Nei tuoi romanzi la componente
“mistery” è molto forte. C’è sempre un mistero (anche più d’uno) da svelare,
segreti che si dipanano nel tempo, indagini (anche dentro i personaggi) e
intrighi. A cosa è dovuta questa scelta? Pura necessità di creazione della
tensione narrativa o anche il tentativo di indagare alcuni aspetti, alcuni
misteri della vita di ognuno?
La “colpa” se vogliamo chiamarla
così, è di mia nonna paterna. Era un’appassionata di misteri e ne parlava con
me. Era una lettrice appassionata e divorava i gialli tascabili, e guardava
sempre Chi l’ha Visto?. Questa sua curiosità me l’ha trasmessa, e l’ho
condivisa. Mi piace inventare storie che tornano indietro nel tempo, che
scavano la psicologia e il carattere dei personaggi. Cerco di non essere
banale, spero di svegliare nel lettore la curiosità, renderlo partecipe della
storia. Cerco di fare in modo che il lettore si senta a sua volta coinvolto
emotivamente, che non rimanga una storia fredda su un foglio ma che lasci una
riflessione, un dubbio, e anche una possibile soluzione alternativa al gusto
del lettore. Cerco sempre di fare del lettore un personaggio attivo e non
passivo. Con il tempo ho affinato la tecnica della “tensione narrativa”. Mi diverto
proprio a giocare con le situazioni!
Com’è nato il tuo ultimo romanzo
“Tra le spighe d’amarena”? Qual è stata la molla che ti ha fatto scattare
l’idea alla base della storia? Quale messaggio volevi lanciare con questo libro?
Com’è nato, non lo so.
Solitamente immagino una scena, me la ripeto mentalmente prima del sonno, come
se fosse uno stralcio di un film. Immagino con dovizia di particolari i
dialoghi, mi creo solo un presupposto, un incipit senza un obiettivo. Poi lo scrivo,
e mentre lo faccio, la mente inizia ad andare per conto suo, creando nuove
scene ed intrecci. Prendo appunti, mi faccio degli schemi di date, nomi,
luoghi. E la storia prende vita, così da sola. In “Tra le spighe d’amarena” ho
compreso che il protagonista non poteva solo “cercare” Leon scomparso, ma che
dovesse pensare alla sua vita passata, e così ho cominciato ad inserire le
“anime”, capaci di farlo riflettere e ricordare e di conseguenza i vari
personaggi del passato, la zia, la nonna, il prete etc. Una storia nella
storia. Non fatta a flashback come in 528, o fatta per pensieri assillanti come
in April Rose, ma il succo è questo. Il messaggio di “Tra le spighe d’amarena”
è questo: se potessimo avere una seconda scelta, rifaremmo le stesse cose? Ciò
che mi ha piacevolmente sorpreso (e che volevo suscitare!) è che i lettori
hanno visto il finale in modo diverso: chi dice che è stato un finale amaro,
chi spettacolare, chi è rimasto spiazzato, chi ha capito cosa volessi dire. È
questo che mi appaga: sapere che in fondo sono riuscita a stimolare il lettore
che non si è bevuta la storia senza pensarla diversamente da me.
Ho notato un dualismo di fondo in
“Tra le spighe d’amarena”: è infatti la storia di un’indagine, ma al tempo
stesso è un viaggio. Attraverso l’Italia, ma anche attraverso la vita. Dentro
la vita dell’indagato ma anche dentro quella di colui che indaga. Pensi che i
libri possano aiutarci (noi, come persone) anche in questo? A conoscerci
meglio?
Come ho anticipato nelle risposte
precedenti, cerco di scrivere non solo per me ma soprattutto per i lettori.
Solitamente ci sentiamo legati a quei romanzi che ci toccano da vicino, dove
ritroviamo un po’ di noi, dove sentiamo scattare quella molla che dice
“accidenti, io non avrei agito così/ottima cosa, la penso allo stesso modo”.
Nel mio romanzo ci sono pensieri che toccano chi legge: qualcuno mi ha fatto
notare quanto siano belli i messaggi di Sergio, il bagnino, o il carattere
esplosivo della signora Liberati… Se un romanzo non lascia un segno non ha
alcun senso, meglio allora fare altro!
Infine l’ambientazione. Ho notato
che prediligi ambientazioni nostrane (anch’io nei miei lavori, quindi lo apprezzo
molto!). Come mai? Gusto? Necessità della trama? Tentativo di valorizzare il
territorio?
Negli emergenti ho notato la
scelta di usare nomi stranieri e ambientazioni lontane da noi, come se fosse più
“figo”. In realtà bisogna parlare di ciò che si conosce, e se non è così è
necessario documentarsi con attenzione per non cadere nella banalità. Inoltre
trovo interessante che venga valorizzata la Versilia e le zone limitrofe: sono
paesaggi che merita descrivere non solo dal punto di vista naturalistico, ma
anche culturale. Perché un fantasma deve per forza essere inglese, e un serial
killer americano?
Concludiamo con qualche domanda
generale, qual è il tuo approccio agli ebook? Preferisci il libro cartaceo o
leggi entrambi senza problemi?
I miei romanzi sono pubblicati in
entrambe le versioni e, dai resoconti, noto che l’ebook va per la maggiore,
sicuramente per un discorso di prezzo. Per un emergente come me è più facile
trovare lettori digitali. Personalmente leggo entrambi i formati, anche se il
cartaceo lo preferisco per il semplice fatto che mi piace sottolineare le frasi
che mi colpiscono, per poterle rileggere con calma.
Progetti per il futuro? A cosa
stai lavorando? Puoi anticiparci qualcosa?
Sono una scrittrice “invernale”.
Amo scrivere dopo cena, in inverno, al PC e con le cuffie dove ascolto dalla
musica classica all’Heavy Metal. L’estate va bene per raccogliere (spero!) i
frutti del duro lavoro notturno. Ho in mente una storia, ambientata fra
Viareggio, l’est europeo e forse il Canada. La bozza mentale è già cambiata sei
volte, devo scegliere da quale cominciare!
Grazie per essere stata ospite
del blog “i mondi fantastici”.
Ringrazio te, Alessio, per questa
opportunità! :)
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